Monday, April 16, 2007

Infamous

Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Strillava, strillava a squarciagola. Niente, sembrava che nulla avrebbe potuto smuovere quell'essere. Non faceva che brontolare da settimane, mesi, e ora che erano finalmente faccia a faccia si rifiutava di guardare quel volto che aveva amato sin dal primo giorno, da quella sera davanti a un bicchiere di porto - adesso non sopportava più quello sguardo.
Le rughe sulla fronte, alla luce di quella candela, scavavano dei veri e propri solchi - unico segno di vecchiaia in un volto che in realtà era molto più giovane di quanto sembrava.

Non serviva a niente strillare, pensò. Mise la mano in tasca e tastò. Era ancora lì: lei era ancora lì. Strofinò il metallo con le dita, era così liscio, così fresco. Non c'è niente da fare, pensò: è l'unica soluzione.

E estrasse.

Infamous

Tuesday, February 13, 2007

Human Resource

C'era una credenza rossa di metallo nell'atrio. Lì non ci aveva ancora mai frugato. Aprì il primo cassetto e trovò delle mentine e un calzino spaiato. trovò tutto questo disgustoso, chiuse il cassetto e passò al secondo. Non c'era nulla, se non un po' di polvere e un foglio di carta stampato in ciclostile.

"Ti senti un relitto, un inutile tassello nel perfetto meccanismo della Società? Sei stanco di tornare a casa la sera senza aver combinato nulla, senza la corroborante sensazione di sapere d'aver fatto qualcosa di utile per il Mondo?

Sviluppata nei nostri laboratori all'avanguardia, ecco la ricetta per diventare un individuo migliore, una pedina finalmente necessaria nella grande scacchiera della Società.

Ordina subito il nostro fascicolo "Come diventare un'ottima Risorsa Umana"! In omaggio avrai il fascicolo "Otto passi verso la felicità", corredato delle pratiche calzature!


Si mise in tasca il foglio e chiuse il cassetto.
Lo prese come un consiglio: uscì di casa a piedi nudi.



Jump Away

Saturday, January 20, 2007

Sortie

In fondo a quel tunnel Alice sapeva che avrebbe trovato qualcosa. Aveva deciso di evitare accuratamente le indicazioni e seguire un po' quello che le diceva la testa, il fiuto.

Camminava lentamente, misurando bene i passi. Il buio attorno a lei si stava facendo più pesante e opprimente mano a mano che si allontanava dal percorso segnato. Sentiva gocciolare qualcosa, a tratti, verso la sua sinistra, e per terra senz'altro doveva esserci del bagnato. Ma quel puntino luminoso in fondo allo scavo l'attirava troppo per farsi scoraggiare da simili segnali.

Ora era completamente buio. Alice si girò, per vedere se era possibile localizzare ancora la direzione da cui era venuta. Vide dietro di sè, in lontananza, un'ombra blu. Doveva essere la fermata della metropolitana dalla quale era partita. Avrebbe potuto ignorare quell'insolito cartello blu, certo. Avrebbe potuto proseguire, seguendo la folla, quegli automi che entravano e uscivano, entravano e uscivano e camminavano, e salivano e scendevano e si facevano caricare sui convogli e poi ne uscivano nuovamente.

Avrebbe potuto fare così, ma ora che la luce era sempre più vicina sentiva quel brivido, quella sicurezza di essere nel posto giusto al momento giusto, e in questi casi i pentimenti sono inutili pesi - e dio solo sa quanto lei bramasse la leggerezza dell'incoscenza.

Mano a mano che la luce si avvicinava iniziò a sentire come dei suoni provenire da quella luce. Ora poteva capire verso cosa stava andando: una porta, una porticina illuminata da una lampadina verde. E dietro di essa strani rumori, voci lontane e vicine, scalpiccio di piedi affrettati.

Esitò un attimo. Dietro di lei il buio e il silenzio si facevano quasi oppressivi. Girò il pomolo ed aprì.

Sommersa di luce, rimase immobile, quasi accecata: era arrivata alla fermata successiva.

Sortie

Wednesday, December 13, 2006

Meccano.

Smontato e rimontato.
Fontane di Sangue, ossa rotte.
Ma insomma! Quel burattino proprio non ne poteva più di sentirsi
tutto sottosopra, i pezzi messi a caso ogni volta.

"Voglio essere un bambino vero!" soleva dire
al suo svogliato nonnino.
Un giorno, stanco delle continue lamentele, il caro vecchietto
sollevò le sopracciglia e gli lanciò un'occhiata:
"Contento tu." gli rispose, e si mise al lavoro.

In tre giorni era finito. Altro che fata turchina, erano bastate
un paio di trasfusioni, qualche tubicino nuovo qua e là, alcuni trapianti.

E il bimbo finalmente uscì di casa, pronto per stare nel mondo vero,
pronto per farvi parte, pronto per condividere ogni cosa con
quegli strani esseri, quei tristi signori col cappotto, quei
mocciosi antipatici, quelle delicate signorine di porcellana.

Risultato?

Smontato e rimontato, fontane di sangue, ossa rotte.

Contento lui.

Metro Shock

Friday, November 24, 2006

Metter su massa

Non se n'erano resi conto ma erano tornati a essere una massa. Non più quella massa omogenea, tutta uguale, la massa proletaria controllata dal sistema, immersa nel sistema, ma una massa diseguale, confusa, senza meta, senza scopo. C'era stata la fase individualista, la fase in cui tutti volevano emergere, distinguersi. O almeno si pensava di poterlo fare: la massa proletaria era finita, tutti avevano i sogni anche se non avevano i mezzi.

Ma ora quei mezzi ce li avevano tutti. Ora tutti potevano effettivamente farlo, potevano sollevarsi, e men che non si dica erano tornati a essere una massa: da seduti come da in piedi, sempre massa erano.

Solo che ora non c'era più sugo neanche a farsi notare perché tutti lo facevano. Ogni diversità aveva la sua cornice, ogni pensiero era catalogato, ogni cosa aveva un percorso, una sorta di maglia neuronale legava ogni fatto, ogni concetto, ogni oggetto effettivo al suo significato e ad altri ancora. Digitando una parola si arrivava a conoscere tutto, a comprare tutto. Chiunque entrava in questo circolo vizioso ne finiva prima glorificato e poi, in una folle corsa per l'emersione, umiliato. Controllare questa massa era un'arte ancora più sofisticata, tuttavia funzionava molto meglio, poiché tutti credevano di essere indipendenti, di pensare quello che volevano, di fare quello che volevano - di essere liberi e soli e allo stesso tempo uniti a tutti gli altri. Uno stupido specchio per le allodole, perché i discorsi reiterati continuavano, e anzi erano amplificati. Le scontate blaterazioni da spogliatoio non erano più riservate a momenti particolari, ora tutto era un salotto e la gente comunicava con frasi che si autocostruivano, senza controllo, nella loro mente. Il caos stava avendo inizio, eppure tutti credevano fosse un nuovo ordine.

Era un inferno malamente addobbato da paradiso: tutti cercavano, immersi in questo enorme vortice - eppure si erano scordati la meta.

Let's go to prison

Wednesday, November 15, 2006

Prestigio

Il bravo illusionista non svela i suoi trucchi.

Ammaliato, il pubblico guarda le sue mani senza accorgersi di cosa sta accadendo dietro al mantello. Il cappello si volta, e quella che era acqua si tramuta in magnifici cristalli di vetro.

E quando lo spettacolo è finito e gli spettatori si alzano soddisfatti, il mago resta lì e li guarda. Ancora una volta ha funzionato, ancora una volta non solo ci hanno creduto ma si sono anche convinti. Sfacciato. E' come sparare ai pesci in un barile.

Come falene, tranquilli vanno verso la loro bruciante meta. E l'illusionista lì fermo a fissarli con i suoi occhi...

Coincidence

Monday, November 06, 2006

Quello che contava

Tutti camminavano affrettati. Come tutti i giorni lavorativi in quella Metropoli la gente non aveva un minuto da perdere.

Era una città affollata. Orientali, creoli, messicani, negri, tedeschi, non uno che sembrasse realmente appartenere a quelle strade asfaltate, a quelle mura di cemento, a quelle vetrate che non facevano che riflettere volti diversi.

Dipendenti ovunque: ognuno con la sua ventiquattr'ore, i suoi occhialini da sole, il suo abito nero. Postini occupati a portare fax, raccomandate, pacchi. Camerieri stracolmi di ordinazioni sui loro vassoi che entravano e uscivano dai grattacieli, portando con sé colazioni di lavoro ancora calde.
Un lunedì come altri, in quel formicaio brulicante di lavoro.

E intanto lui, all'ultimo piano del suo grattacielo, contava. Un lungo abito bianco, i morbidi capelli scuri un po' arruffati, gli occhi che si lanciavano giù dal terrazzo intenti a guardare la massa quasi indistinta di persone.
Lui stava lì e li seguiva con lo sguardo, li seguiva tutti, non se ne lasciava scappare uno, e li contava, li contava uno per uno, uno dopo l'altro...

Here comes the Light